Arte e Management 2

Come per ogni altra attività dell’essere umano, anche quella dello “scambio” non può prescindere da una #comunicazione precisa e mirata.

I rapporti d’affari tra gli esseri umani si fondano sullo #scambio fin da quando i nostri antenati effettuarono il primo baratto. Questo concetto è talmente radicato nella nostra natura che ogni volta che qualcuno ci chiede qualcosa la nostra mente valuta immediatamente quale possa essere il ritorno per noi, in termini materiali o emotivi.

L’esigenza di comunicare che “ho qualcosa da scambiare” ha fatto sì che si sviluppasse una forma di avvertimento sempre più articolato e diffuso, al quale modernamente abbiamo dato il nome di PUBBLICITÀ.

Non a caso il corrispondente termine inglese è advertising (da advertise, avvertire): ti avviso che ho qualcosa da venderti che potrebbe interessarti

La pubblicità così come viene intesa oggi nasce con la Rivoluzione Industriale (1750-1840), quando l’aumento della produzione, la varietà dei prodotti e la concorrenza fra imprenditori impongono di offrire una maggiore informazione agli acquirenti.

Nella seconda metà dell’Ottocento la pubblicità trova due grandi canali di comunicazione: i quotidiani, dove appaiono sempre più frequentemente le inserzioni pagate dai privati, e i manifesti, dove si mescolano l’immagine, la parola e il colore. Spesso questi manifesti sono firmati da grandi artisti, come Toulouse-Lautrec e De Chirico. Uno dei pionieri della cartellonistica e dell’illustrazione pubblicitaria italiana fu il pittore futurista Giorgio Muggiani (1887-1938); egli fu tra gli iniziatori di questa nuova forma d’arte pubblicitaria italiana insieme a Marcello Dudovich, Fortunato Depero, Leonetto Cappiello, Leopoldo Metlicovitz, Arturo Panni, Jean D’Ylean, Enrico Sacchetti, Marcello Nizzoli e altri.

L’Arte comincia perciò a mettersi al servizio del commercio, rendendo appetibili i prodotti attraverso il colore, immagini accattivanti, slogan efficaci e facilmente memorizzabili.

A partire dagli anni Venti la pubblicità si avvia a operare secondo regole scientifiche, tanto che nel 1925 lo psicologo e ricercatore Daniel Starch pubblica il primo trattato di tecnica pubblicitaria, nel quale fissa le cinque regole fondamentali di ogni messaggio pubblicitario:

1. ESSERE VISTO, perciò occorre conferirgli la necessaria attrattiva

2. ESSERE LETTO, quindi deve contenere una frase, uno slogan facile da leggere e comprendere

3. ESSERE CREDUTO, perché un buon annuncio deve convincere l’acquirente della veridicità di quanto promette

4. ESSERE RICORDATO

5. ESSERE CAPACE DI SPINGERE IL COMPRATORE AD ACQUISTARE QUEL DETERMINATO PRODOTTO

Il vero concetto di spot televisivo appare nel 1953, in America. Il presidente della Nbc, Pat Weaver, avanza la proposta di una pubblicità televisiva simile a quella già sviluppata su giornali e riviste.

In Italia Carosello arriva il 3 febbraio 1957. È un contenitore di 5 spot abbastanza lunghi, studiati come storie. Dopo vent’anni di repliche è stato sostituito dagli attuali spot molto più brevi, tra i 7 e i 60 secondi, diffusi nell’arco della giornata.

Col passare del tempo le case produttrici hanno puntato sempre di più sulla #capacità dei pubblicitari di eccitare l’emotività dell’acquirente. Il linguaggio comunicativo diviene manipolatorio, scorretto, studiato a tavolino da psicologi e, più modernamente, da studiosi delle neuroscienze per capire come indurre la psiche dei compratori a sentire la necessità di acquistare quel prodotto.

Anche di questo ci occuperemo nella rubrica ARTE E MANAGEMENT.

(nelle immagini: la testata del quotidiano “Il popolo d’Italia” disegnata dal futurista Giorgio Muggiani nel 1914; tre cartelloni pubblicitari di Giorgio Muggiani; cartellone per “Vogue” di Giorgio De Chirico; cartellone pubblicitario del Mouline Rouge di Toulouse-Lautrec; immagine pubblicitaria del brandy Stock di De Chirico)

#4humans #arte #management

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